D’inverno, intorno all’Epifania, nel 1839, a Pietroburgo, c’era un forte disgelo. Sgelava in modo tale che sembrava di essere in primavera; la neve si scioglieva, i tetti sgocciolavano di giorno, e il ghiaccio nei fiumi diventava azzurro e si scioglieva in acqua. Sulla Nevà, proprio davanti al Palazzo d’Inverno, c’erano delle grandi crepe nel ghiaccio. Tirava un vento tiepido, che
veniva da Occidente, molto forte; il mare gonfiava il fiume d’acqua, e i cannoni sparavano.
Della guardia al palazzo si occupava una compagnia del reggimento Izmàjlovskij che era comandata da un giovane ufficiale con una brillante educazione e molto ben introdotto in società, Nikolàj Ivànovicˇ Miller (che sarebbe poi stato tenente generale e direttore di liceo). Questo era un uomo
di tendenze che venivan dette liberali, le quali eran già state da tempo notate e gli avevano già un po’ nuociuto in servizio attirando l’attenzione dei superiori.
Però bisogna dire che Miller era un ufficiale coscienzioso e affidabile, e la guardia al palazzo in quei tempi non comportava nessun pericolo. La stagione era la più mite e serena che ci
si potesse immaginare. Alla guardia di palazzo non si chiedeva niente, tranne il fatto di stare al proprio posto; tuttavia là, nel turno di guardia al palazzo del capitano Miller, era successo un caso del tutto straordinario e pericoloso, del quale adesso a malapena si ricordano quei pochi, tra i contemporanei di allora, che sono ancora vivi.